Non c’è famiglia in Calabria che non accolga un ospite senza tirar fuori dalla dispensa una soppressata, affettandola e offrendola quasi come se fosse un dono di benvenuto, assieme ad un buon bicchiere di vino rosso. Una sorta di rituale che va avanti da moltissimo tempo.
L’ uccisione del maiale nel periodo tra dicembre e febbraio, dall’ antichità ad oggi rappresentava e rappresenta un vero e proprio rito per le famiglie. Una festa e un’occasione di socializzazione a cui partecipa l’intera famiglia, i parenti, i compari, gli amici e spesso anche i vicini di casa, invitati per consumare il pranzo e aiutare nella preparazione dei salumi. Tra condivisione e lavoro per due giorni ogni ognuno svolge un preciso compito. Solitamente gli uomini uccidono l’animale, mentre le donne tagliano la carne selezionandone le parti e predisponendo tutte le preparazioni necessarie al confezionamento di pancette, capocolli salsicce e soppressate.
Questi artigianali metodi di produzione sono stati tramandati da generazione in generazione ed è per questo che i salumi calabresi sono da sempre protagonisti della tradizione alimentare, oltre che per le particolari tecniche di allevamento dei suini.
Un patrimonio culturale e gastronomico da salvaguardare tanto che la Calabria vanta ben quattro DOP (Denominazione di origine protetta) tra i salumi:
Capocollo, Pancetta, Salsiccia e Soppressata, di Calabria.
Uno dei più pregiati salumi risulta essere la “Soppressata” (o “Suppizzata” o “suprissata”), un insaccato particolarmente saporito, dal gusto deciso e dal profumo aromatico, di colore rosso acceso (per l’uso del peperoncino), di forma cilindrica e leggermente schiacciata, con una lunghezza di circa 15 cm ed un diametro di 5-6 cm, di consistenza più o meno morbida.
Nel documento disciplinare di produzione della denominazione di origine protetta della “Soppressata di Calabria” vengono dettagliatamente elencati i parametri fondamentali.
La lavorazione e la produzione della carne devono avvenire all’interno del territorio calabrese.
I suini utilizzati devono avere il marchio di qualità “suino allevato in Calabria”, con l’identificazione dell’allevamento di nascita. I mangimi per l’alimentazione dei suini debbono essere mangimi composti integrati di orzo, favino, mais, ghiande, ceci, in misura non inferiore al 50% del contenuto e non possono essere alimentati con patate o manioca perché questo darebbe un sapore sgradevole alle carni, così come è vietato l’utilizzo di l’utilizzo di sottoprodotti della lavorazione del latte
Nella preparazione dell’impasto è ammesso l’uso di soli ingredienti naturali quali sale (cloruro di sodio), pepe nero in grani ed in polvere; peperoncino/peperone piccante, rosso dolce, in polvere o in crema; vino, spezie e aromi naturali.
L’impasto della carne che deve essere tritata a medio taglio è ricavato dal prosciutto, nella misura non inferiore al 50%, e dalla spalla o dal filetto, nella misura non superiore al 50%, di suini non congelati, con grasso ben scelto ricavato dal lardo della parte anteriore del lombo, vicino al capocollo, ed ingredienti aromatici naturali.
Il lardo ben scelto deve essere contenuto in una percentuale variabile dal 4 al 15 per cento, per ogni chilogrammo di carne e lavorato ad una temperatura interna compresa tra 0° e 3° C.
Il macinato è insaccato in budella di suino, forate e quindi legate a mano con spago naturale.
La stagionatura deve essere fatta allo stato naturale in apposito ambiente, igienicamente sano, per non meno di quarantacinque giorni.
Il prodotto finito deve presentare le seguenti caratteristiche. La forma cilindrica leggermente schiacciata, della lunghezza compresa fra 10 e 18 cm e del diametro compreso fra 4 e 8 cm.
Al taglio risulta di aspetto compatto tendente al morbido, con una colorazione rosso naturale o rosso vivace uniforme a seconda dell’uso degli ingredienti naturali. Il sapore è più o meno piccante, con una sapidità equilibrata.