E’ un’autentica prelibatezza, uno dei dolci più antichi al mondo, tradizionalmente legato al Natale ma si consuma tutto l’anno, ce ne sono di ottimi da Nord a Sud…E’ anche il punto di incontro nell’eterna diatriba tra i fondamentalisti del Panettone e gli amanti del Pandoro:
Si sta parlando del Torrone, l’unico dolce che riesce a mettere tutti d’accordo.
Da Cremona alla Calabria, dall’Abruzzo alla Sardegna, dal Veneto alla Sicilia passando per la Campania, tutta Italia è da sempre innamorata del suo torrone.
Le origini del termine deriva dal latino ‘torrere’ (abbrustolire), ed è chiarissimo il riferimento alla frutta secca tostata di cui esso è composto, tuttavia ancora oggi non si ha nessuna notizia certa su dove sia stato prodotto per la prima volta il torrone.
Ci sono parecchie tracce che conducono alla penisola arabica tra il 1200 ed il 1300 quando i musulmani lo introdussero in terra iberica prima, ed italiana poi.
C’è chi sostiene che furono gli Arabi a scoprire il torrone ideando un nuovo cibo altamente energetico che potesse essere facilmente consumato e conservato durante le lunghe battaglie di guerra.
Si ipotizza anche che il torrone possa essere opera di un artigiano catalano soprannominato Turrò, che, in un’epoca di miseria e fame, inventò questo alimento super energetico con le risorse più abbondanti che la terra metteva a disposizione.
Nonostante le incertezze sul paese di origine è in effetti l’Italia il paese che per primo ha iniziato a specializzarsi nella lavorazione del torrone, ed oggi può vantare diversi riconoscimenti a livello mondiale per l’altissima qualità del prodotto che offre.
L’impasto del torrone è costituito principalmente da albume d’uovo, miele e zucchero. Viene farcito poi con nocciole, noci, arachidi, o mandorle tostate. Successivamente la classica barretta viene ricoperta da due sottili strati di ostia o da una glassa di cioccolato di vari tipi. Bisogna infatti dire che oggi il torrone si può trovare in tutta una serie di squisite varianti di sapore come arancia, vaniglia, cereali o agrumi anche se per i veri intenditori quello artigianale prodotto con metodo originale resta sempre il più saporito.
Il torrone artigianale si distingue dalla produzione industriale per ingredienti e lavorazione, che può durare anche 12 o 15 ore. In genere, il torrone artigianale è più ricco di miele e di frutta secca, mentre quello di produzione industriale presenta una maggiore quantità di ingredienti economici come albumi e zucchero. Il torrone artigianale si puà suddividere in due grandi categorie principali, duro e morbido; da qui poi tutta una serie di possibili varianti di forma.
Più del classico torrone la tendenza di oggi vede protagonisti i cosiddetti “torroncini” che si vendono assortiti e incartati singolarmente. Un’invenzione recente questa che ha dato uno slancio di modernità a questo dolce così antico dando così il via alla produzione di una nuova gamma vastissima di torroni e torroncini ricoperti di cioccolato di tutti i tipi.
Il territorio calabrese è ricchissimo di gran parte degli ingredienti con cui si produce il torrone artigianale: il miele di zagara, proveniente dal fiore degli agrumi che abbondano sulla Costa Viola e in gran parte della Calabria e le mandorle coltivate allo stato naturale.
Una delle eccellenze del settore è infatti rappresentata dal Torrone di Bagnara IGP che è ottenuto dalla cottura e lavorazione di miele, zucchero e mandorle non pelate tostate, aromatizzati con cannella e chiodi di garofano in polvere e con la copertura di zucchero in grani o in cacao amaro.
Il Torrone arrivò in Calabria grazie ai monaci benedettini che lo importano dalla Spagna e lo diffusero nelle diverse parrocchie attraverso l’abbazia Santa Maria e i XII Apostoli di Bagnara.
La fama di questo torrone calabrese così pregiato e speziato si diffuse nel mondo per tutto il XX secolo.
A renderlo speciale è una tecnica di lavorazione adottata da circa tre secoli e un insieme di abilità artigianali tramandatesi da generazione in generazione.
Ad esempio in fase di cottura la massa zuccherina viene messa in una caldaia a fuoco diretto a una temperatura iniziale compresa tra i 180 e i 200 gradi. Mescolando meccanicamente, il composto deve raggiungere un colore marrone, detto “a manto di monaco”. Questo metodo consente il raggiungimento di una consistenza croccante e friabile ed una dolcezza dell’impasto bilanciata dal sapore delle mandorle tostate con un leggero retrogusto speziato ed un interno di colore marrone con mandorle ben distribuite.